La prima cosa che ho imparato del Guatemala è un dato puramente economico ma che cambia totalmente la prospettiva delle cose: la popolazione è al 98% poverissima, e la maggior parte dei ragazzi non ha accesso a nessun tipo di educazione, specialmente le bambine, che vengono cresciute con l’obiettivo di aiutare a casa e diventare brave mogli e madri dato che verso i 13 anni si sposano. Il restante 2% è invece ricchissimo, e tra loro ci sono alcune famiglie che cercano di aiutare il paese con iniziative di charity, raccogliendo fondi e cercando di attirare l’attenzione del resto del mondo per cambiare le cose. Di questa piccola porzione di popolazione fanno parte anche Francesca e Alessa, rispettivamente le fondatrici di IX Style and Alessa Design due marchi di moda guatemaltechi che spesso uniscono le forze per organizzare eventi e operazioni di beneficenza. Sono loro che mi hanno invitato a scoprire la vera realtà del paese, facendomi capire quali sono i problemi più gravi e cosa stanno facendo le persone per uscire da questa situazione.
Siamo arrivati ad Antigua dopo un viaggio che mi è sembrato durare un’eternità e appena abbiamo messo piede in casa siamo rimasti a bocca aperta per lo straordinario patrimonio naturale del Guatemala: la nostra abitazione, che tra l’altro è 100% green dato che è costruita con materiali di recupero – parte della struttura è fatta di vecchi container – e viene alimentata secondo logiche ecosostenibili, era in mezzo alla foresta e a una valle piena di vulcani ancora attivi, che eruttano ogni giorno. Pensate che assistevo allo spettacolo ogni mattina appena sveglia, direttamente dal letto!
Il primo giorno siamo andati a visitare Antigua, che è patrimonio dell’Unesco. La città è mezza diroccata ma coloratissima, piena di negozi di tipici tessuti locali: io ho comprato uno dei bellissimi cuscini in cotone e ho provato anche a tessere con uno dei telai manuali che gli artigiani utilizzano per confezionare i tessuti. Ci vuole molta precisione e manualità perché è tutta una questione di tirare il filo giusto al momento giusto! Inoltre ho provato anche a arrotolare il filo sul fuso, che è difficilissimo e fa anche male perché il filo diventa caldissimo! Quello che mi ha colpito di più è che alcuni di questi strumenti sono fatti usando pezzi di altri oggetti, per esempio una bicicletta, perché gli artigiani non possono permettersi di comprarli già fatti o di comprare pezzi di ricambio quando si rompono. È stata la giornata delle prime esperienze anche a livello gastronomico: per la prima volta in vita mia ho mangiato degli insetti…e mi sono anche piaciuti!
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Il secondo giorno siamo andati sul lago Atitlan, uno dei laghi più belli del Guatemala ma che sta vivendo una tragedia ecologica: gli abitanti infatti ci buttano dentro rifiuti di ogni tipo e per questo si prevede che il lago diventerà non balneabile nel giro di 3 anni… un vero peccato! Il governo sta cercando di far capire alla popolazione che il territorio è la loro risorsa più importante, ma purtroppo manca una cultura ambientale e i loro sforzi non sono sufficienti a impedire questo processo. L’educazione purtroppo è il più grande problema del Guatemala: i bambini poveri possono andare a scuola fino a quando le famiglie possono permetterselo, e le bambine si fermano alla terza elementare. Per contrastare questo fenomeno, nella cittadina di Panajachel è nata una scuola aperta agli alunni più promettenti, che così hanno la possibilità di accedere a un’istruzione superiore e di poter andare a studiare all’estero. Questa iniziativa all’inizio era osteggiata dalle famiglie, che non vedono la ragione o l’utilità dello studio, ma i bambini sono talmente entusiasti che piano piano si stanno convincendo e adesso anche chi non frequenta la scuola ha la possibilità di imparare grazie a chi la sta frequentando, che fa da maestro ai suoi amici e ai bimbi più piccoli.
Per me è stata un’esperienza molto intensa perché mi sono resa conto che quello che per noi è scontato e a volte quasi sgradito, come la scuola, che certe mattine vorremmo saltare perché non abbiamo voglia, per altre persone è un’utopia. I ragazzi ci hanno raccontato alcune delle loro storie e la loro forza d’animo mi ha colpito molto: non dimenticherò mai la bambina di 11 anni che aveva lavorato per 3 anni, sola in città, per raccogliere abbastanza soldi per studiare e diventare dottoressa. Il prossimo anno andrà negli Stati Uniti per inseguire il suo sogno, e sono sicura che ce la farà.
L’ultimo giorno siamo andati in visita a un’altra cittadina, Santa Caterina Palopo, dove un’associazione no profit sta cercando di creare qualcosa di unico per attrarre turismo e riqualificare così la zona, aiutando la popolazione e anche l’ambiente. Si tratta di un gruppo di persone che sta chiamando artisti da tutto il mondo a dipingere i muri delle case con colori brillanti e disegni tradizionali, per trasformare la città in un luogo da visitare assolutamente. Anche noi abbiamo potuto contribuire: armati di grembiule, vernice eco sostenibile e pennelli, abbiamo lasciato un contributo in una delle strade, disegnando un cuore sulla bandiera del Guatemala. Il nostro modo per lasciare qualcosa di noi a queste persone che ogni giorno lottano per cambiare il loro destino e quello della loro gente.