Lifestyle , TBS Crew - August 24, 2017

The Malaysian Diary: the travel guide to paradise

Uno skyline di 228 grattacieli, l’undicesima più numerosa del mondo, dominata dalle Petronas Twin Towers, 452 metri di luce e design che si stagliano nel cielo della notte. Sono atterrato da poco, dopo un viaggio di 21h, e questo è lo spettacolo che mi offre il balcone del appartamento in cui alloggiamo a Kuala Lumpur, Malesia, al 13° piano delle Setia Sky Residence. La stanchezza del viaggio lascia il posto alla sorpresa, nell’ammirare questo suggestivo paesaggio e nel pensare che tutto ciò che vediamo (o la grande maggioranza) non esisteva 15 anni fa. I miei studi di economia mi portano ad associare il nome delle due torri regine al gigante del petrolio (Petronas, costruttore e proprietario delle stesse) e a riconoscere i loghi di svariate banche d’affari sulla cima degli altri grattacieli, rovinando per un attimo la magia del momento. Non sono ancora consapevole che ciò che sto ammirando è quanto di più lontano possa esserci dalla vera essenza di questo paese: ci vorranno le due settimane successive per rendermene conto.

Il mattino seguente sono di nuovo su un aereo, direzione Kuala Terengganu. Al decollo resto incuriosito e confuso dal fatto che l’area circostante l’aereoporto, fin dove il mio occhio riesce a spingersi, è totalmente ricoperta di palme. Wikipedia mi suggerirà poi che la Malesia è il secondo produttore mondiale di olio di palma… mistero risolto. Una volta atterrati, ci dirigiamo nel piccolo porto di Lumut, raggiungibile con un’ora di taxi (e tante preghiere). Le preghiere sono dovute al fatto che in Malesia, per ogni luogo in cui tu debba andare usando un taxi, esiste una tariffa fissa. Il tassista non ha quindi nessun interesse a rallentare o rimanere imbottigliato nel traffico, vuole solo portati da A a B nel minor lasso di tempo possibile, incassare, e partire con la prossima corsa. Legittimo da parte sua, ma questo molto spesso lo porta a tenere velocità eccessive su mezzi poco adeguati, rendendo l’esperienza più adrenalinica del necessario.

Una volta raggiunta Lumut, con 35 minuti di motoscafo arriviamo sulle isole Perentiane. I 3 frontali rischiati sul taxi? Ci rendiamo subito conto che ne è valsa la pena. Per i successivi 5 giorni esploreremo queste piccole isole tropicali, con calde acque cristalline che bagnano spiagge bianchissime e semi deserte. Piccoli baracchini che offrono cocchi freschissimi, ristorantini in cui gustare ottimo pesce alla griglia e altre specialità locali, il tutto in un’atmosfera di totale rilassatezza e tranquillità. La località è turistica, ci sono persone da tutto il mondo ma non sono molte dato che il limitato numero di resort non consente la presenza di troppe persone: la giungla domina l’entroterra di ogni isola, lasciando poco spazio per edificare. Alloggiamo in una casetta di legno con una piccola veranda sul fronte, un paio di letti e un bagno all’interno. Ogni cosa in più non farebbe che distrarci da tutto il bello che ci circonda e dalla straordinaria semplicità di questo luogo, che riesce a rendere ogni altro bisogno superfluo, facendoti sentire completamente soddisfatto con quello che la natura ha da offrire.

Dopo 5 giorni di sole, spiagge, canoa e abbuffate di pesce rientriamo sul continente e ci dirigiamo nel profondo entroterra malese, per raggiungere il parco nazionale del Taman Negara, dove trascorreremo 2 giorni immersi nella giungla. Il costume lascia il posto ai lunghi pantaloni da esploratore, la T-shirt alla camicia a maniche lunghe e siamo pronti a sfidare le zanzare. Ci rendiamo subito conto che quest’ultime si sono alleate con l’umidità, che raggiunge tassi stellari all’interno del parco, combo non banale. Ma la bellezza del luogo che stiamo visitando rende tutto sopportabile. Una bellezza autoritaria, quella della giungla, che si può ammirare e al massimo avvicinare (con escursioni organizzate dalle guide del parco) ma appare chiaro fin da subito che si potrà mai realmente conoscere né comprendere appieno…a meno di non essere disposti a rischiare un bel po’! Ammirandola dal fiume si riesce a coglierne la potenza, l’antichità, la densità che rende impossibile per larghi tratti attraversarla e che ti procura un brivido al solo pensiero di essere costretto a farlo. Ma ciò che più mi è rimasto impresso della giungla è il suo suono: un canto costante, che dura da millenni, solenne. Assicuratevi di passare almeno dieci minuti della vostra vita ascoltando i rumori di una foresta tropicale dalla riva di un fiume.

La tappa seguente ci porta più ad ovest, sempre nell’entroterra della penisola, nella zona delle Cameron Highlands. Se vi è mai capitato di vedere un film della serie de Il Signore degli Anelli non potrete evitare di sentirvi arrivati nella Contea degli Hobbit: verdi colline tondeggianti si estendono a perdita d’occhio, attraversate da piccoli corsi d’acqua che portano nutrimento ai meravigliosi cespugli di tè di ogni varietà e alle coltivazioni di fragole che ricoprono la zona. Si tratta di un luogo incredibilmente suggestivo, dove l’attività dell’uomo si sviluppa in armonia con la natura instaurando un raro rapporto di mutui benefici tra le due entità. Purtroppo il tempo a nostra disposizione qui è limitato: giusto 24 ore prima di dirigerci verso la prossima tappa.

Dopo un numero di ore di pullman eccessivo rispetto ai kilometri da percorrere (in Malesia per andare da un posto ad un altro c’è una sola strada, e raramente è dritta), raggiungiamo il porto di Lumut, sulla costa ovest del paese, sotto un diluvio universale (la stagione delle piogge è alle porte). Da qui prendiamo un traghetto che, mentre il temporale lascia il posto a un tramonto mozzafiato, ci porta sull’Isola di Pulau Pangkor. Qui trascorriamo 3 giorni, in una località poco frequentata dai turisti, che ci dà l’opportunità di assaporare un’atmosfera più autentica. Il nostro alloggio è sulla via principale del paese, ai lati della quale si distribuiscono bancarelle di frutta, pesce fresco, e ogni sorta di bene di consumo a basso costo (una sorta di supermercato a cielo aperto). La spiaggia si trova appena oltre queste bancarelle e lì si trovano numerosi ristorantini in cui gustare specialità locali a cifre irrisorie. Rispetto ai colori caraibici dell’acqua delle isole perentiane, qui troviamo tonalità di verde e una sabbia meno fine, ma il paesaggio rimane estremamente suggestivo e le calette da esplorare facendosi scortare da un “taxi boat” sono numerose. Durante l’ultimo giorno sull’isola, un pescatore locale ci invita a partecipare a una battuta di pesca. Al termine della giornata ci dividiamo il bottino, e l’uomo ci consiglia un ristorante dove farci cucinare il pesce. Dopo 10 minuti dall’inizio della cena ci rendiamo conto che non saremo mai in grado di mangiare tutto ciò che abbiamo pescato: il nostro tavolo è completamente colmo. La gente del posto guarda con curiosità la nostra tavola imbandita e noi spieghiamo, a fatica, che il pesce lo abbiamo pescato il pomeriggio stesso. A questa notizia tutte le persone presenti nel locale iniziano a complimentarsi con noi, alcuni ci chiedono perfino una foto assieme. Il risultato? Abbiamo condiviso il pesce con le persone presenti nel locale, direi saziandone una buona parte. Abbiamo speso l’equivalente di 9 euro a testa.

La sera seguente a questa simpatica scena sono di nuovo a Kuala Lumpur e osservo nuovamente lo skyline della città, dalla piscina al 38° piano delle Setia Sky Residence. Stavolta però con una consapevolezza diversa. Il cerchio di questo viaggio si è chiuso e ora so che questi palazzi non rappresentano adeguatamente la terra su cui sono costruititi. Una terra fatta di semplicità, essenziale, che non ha bisogno di luci, locali o grandi strutture per offrire il meglio di sé. Una terra meravigliosa che consiglio a tutti di visitare, prima che perda la sua autenticità.






























Testo e foto di Federico Parma

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