People - March 15, 2019

The Blonde Salad incontra… TVBOY

Qualche tempo fa, in una notte milanese come tante altre, compariva misteriosamente su un muro di Via Torino un murale dal sapore quasi mistico. “Santa Chiara con Acqua Benedetta” era il titolo di quest’opera che vedeva protagonista la nostra Chiara Ferragni insieme al piccolo Leone. A realizzarla, uno street artist italiano che si cela dietro lo pseudonimo di TVBOY e che con le sue opere (in particolare i famosi baci tra presidenti e primi ministri di mezzo mondo) ha scosso l’arte contemporanea. Conteso per i suoi ritratti da attori, chef, sportivi e musicisti, fan della sua arte, Salvatore Benintende (questo il suo vero nome) ha raccontato a The Blonde Salad la sua visione dell’arte e i suoi prossimi progetti. Non perdetevi la nostra intervista a TVBOY!

 

Qual è stata la tua prima esperienza con il mondo dell’arte?

L’arte è nella mia vita fin dall’infanzia. Mio padre, infatti, era un professore di pittura e sono cresciuto circondato da disegni e murales. Tutte le pareti della mia stanza erano decorate con graffiti raffiguranti i miei animali preferiti. Credo che la mia passione sia nata in questo contesto. In seguito ho fatto un percorso di studi di tipo scientifico, iscrivendomi al Politecnico di Milano e laureandomi in design. Probabilmente il fatto di non avere studiato belle arti mi ha aiutato. Ho mosso i primi passi come artista tradizionale, ma mi sono accorto presto che non era la mia strada. Ho deciso quindi di usare la strada come la mia galleria. Ho iniziato a Milano nel 1996, poi nel 2003, lavorando insieme ad altri artisti come Pao e Bros, mi sono inventato il personaggio di TVBOY.

 

In che modo la definizione di artista rappresenta il tuo lavoro?

Mi sento un artista perché lavoro in questo settore, ma come molti artisti contemporanei sono anche un imprenditore. Ho avviato un progetto più strutturato, registrando il mio marchio e facendo collaborazioni. Sto lavorando in questa direzione perché mi sembra un modo di democratizzare l’arte e renderla accessibile.

 

Come mai hai scelto lo pseudonimo di TVBOY? E perché preferisci non mostrare la tua identità?

La scelta di utilizzare uno pseudonimo nasce dalla corrente della street art, i cui artisti sceglievano un personaggio per nascondere la propria identità. Io ho scelto TVBOY perché volevo rappresentare la mia generazione, quella cresciuta negli Anni Ottanta e Novanta con la televisione. È un personaggio sorridente, scanzonato e facilmente riconoscibile, anche per il suo nome. L’alias, inoltre, è una protezione: le mie opere, infatti, sono realizzate sempre senza permessi. Inoltre, dopo il successo del bacio tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, voglio che a essere protagoniste siano le mie opere.

Di recente hai dedicato un murale a Chiara Ferragni. Ci racconti come e perché è nata quest’opera?

Si tratta di una riflessione sulle nuove icone. Chiara Ferragni mi ricorda Madonna. Essendo cresciuto negli Anni Ottanta sono sempre stato un suo grande fan e trovo che Chiara rappresenti una Madonna contemporanea. È un’opera ironica, ma che è stata molto apprezzata anche dalla stessa Chiara, che l’ha condivisa su Instagram contribuendo al suo successo mediatico.

 

Qual è stata la tua prima opera in assoluto? E quella che ha ottenuto più riscontro a livello mediatico?

A dire la verità, ho firmato la mia prima opera a 3 anni: un lupo che ulula su una montagna. A 14 anni, invece, ho firmato il mio primo graffito, che ritraeva un sole con un cappellino mentre fumava una sigaretta. L’opera dal maggiore riscontro mediatico è probabilmente il bacio tra Leo Messi e Cristiano Ronaldo realizzata a Barcellona, così come quello tra Papa Francesco e Donald Trump. Hanno fatto il giro del mondo attraverso il web e hanno rappresentato un’ulteriore conferma di come un progetto strutturato e intelligente possa riuscire a comunicare un messaggio a livello globale. L’opera può essere rimossa o vandalizzata, è un rischio che si corre una volta che viene messa su strada. Ma grazie ai media e ai social network continuerà a vivere.

 

Come nascono le tue opere? Raccontaci, se puoi, come avviene una tua incursione, dalla scelta del luogo fino alla realizzazione.

Lavoro come un designer. Tutto nasce da un’idea, che cerco di rappresentare con un’immagine. Inizialmente dipingevo direttamente su strada, ora invece preparo l’opera in studio. Da un lato questo mi permette di fare un lavoro molto accurato, dall’altro di lavorare velocemente in quanto con le nuove normative municipali è difficile realizzare graffiti un po’ in tutto il mondo. Rischiamo infatti multe molto salate, la requisizione dei materiali e anche denunce. Cerco sempre un luogo che abbia una connessione con l’immagine. Per questo ho ritratto Chiara Ferragni in via Torino, che rappresenta il tempio dello shopping.

https://www.instagram.com/p/Bgtb3bSBQND/

Le tue opere sono spesso legate all’attualità. In che modo la tua arte si relaziona ai fatti di cronaca? Vuoi fornire uno spunto di riflessione o esprimere la tua visione degli eventi?

L’arte contemporanea deve rappresentare quello che succede nel mondo, altrimenti non può essere definita tale. Alcuni critici mi hanno rimproverato di seguire i media, ma anche le opere di Van Gogh ci raccontano il periodo in cui l’artista è vissuto, così come gli Impressionisti sono stati ispirati dalle scene di vita di quel tempo. Credo sia impossibile slegare l’arte dal momento storico in cui è prodotta, in quanto si trasforma in una testimonianza per le generazioni future. Il bacio tra Salvini e Di Maio rimarrà nella storia perché rappresenta un momento in un’icona. Più che dare risposte, attraverso le mie opere cerco di porre delle domande. Voglio che le mie opere siano shoccanti, ma che pongano anche dei quesiti. L’opera dedicata a Chiara Ferragni, per esempio, è una riflessione sulle icone del culto. Una volta erano le sante e le vergini a essere adorate, oggi sono le influencer. C’è un culto quasi mistico e religioso che le avvolge e mi interessava rappresentare questo cambiamento. Ovviamente c’è anche dell’ironia, ma c’è anche un pensiero su quello che sta succedendo nella società. Le mie opere non sono mai critiche perché non mi piace fare il moralista, ma certamente vogliono essere uno spunto per porre delle domande sull’attualità.

 

Tre parole per definire la tua estetica.

Urban perché è arte di strada; pop perché mi piace la pop art, soprattutto quella di Andy Warhol; ribelle perché mi piace agire senza permessi. Per ottenerli, infatti, è necessario sottoporre il bozzetto del murale, una cosa che limita moltissima la libertà dell’artista.

 

Hai lavorato per molti committenti celebri e le tue opere sono spesso su richiesta. Qual è stata quella che ti ha reso più orgoglioso e quella più particolare? Hai mai pensato di rendere la tua arte più accessibile anche alle persone comuni?

Le opere su tela stanno iniziando a entrare in un circuito di collezionismo di un certo livello, che di fatto non le rende accessibili a tutti. La street art per sua natura è democratica, è un regalo che l’artista fa alla città. Per questo ho voluto creare dei prodotti che fossero più accessibili, in particolare ai giovani che non si possono permette dei quadri dal costo elevato. Abbiamo creato delle serigrafie, che hanno un prezzo intorno ai 100-200 euro, ma anche gadget e apparel come T-shirt e case per cellulari. Credo sia un modo per democratizzare l’arte. Anche Keith Haring, nella New York degli Anni Ottanta, aveva aperto il Pop Shop per realizzare con i suoi disegni dei prodotti accessibili a tutti. Le opere di cui vado più orgoglioso? Ce ne sono molte. Caterina Balivo, per esempio, mi ha incaricato un ritratto, mentre Hublot mi ha commissionato una tela per un evento a Milano in collaborazione con il brand di Lapo Elkann, Italia Independent. Ci sono voluti 15 anni per arrivare dove sono ora, non è stato successo lampo. Per questo consiglio ai giovani che vogliono fare questa carriera di essere perseveranti e non arrendersi. Ci vuole tempo e molta pazienza, ma solo con l’impegno e la dedizione sarà possibile vedere arrivare i primi successi.

https://www.instagram.com/p/BuE_q2qgJsW/

È vero che stai lavorando a una mostra su Milano? Puoi anticiparci qualcosa al riguardo?

È un grande progetto. Finora ho lavorato spesso con esposizioni in spazi galleristici, ma sono arrivato a un punto in cui sento la necessità di fare un salto di qualità. Vorrei che l’arte creasse cultura e che non fosse solo associata alla vendita di un’opera. Vorrei, inoltre, cercare di coinvolgere un pubblico nuovo, che non è solito frequentare i musei e le mostre.

 

Quali sono i prossimi progetti in cantiere?

Ce ne sono molti. Le ultime azioni hanno avuto una grande visibilità e hanno portato nuovi progetti molto interessanti. Ovviamente non posso anticipare nulla, altrimenti rischio di bruciare le idee! Sono in programma molte incursioni su strada in giro per l’Europa.

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